Come difendersi dai pedofili?
Intervista a Roberto Mirabile, presidente della
Caramella Buona Onlus

Roberto Mirabile

Pedofilia, come possiamo difendere i nostri bambini e bambine? Ne parliamo con Roberto Mirabile, presidente fondatore della nota associazione anti pedofilia, la Caramella Buona Onlus, Consulente d’Ambasciata, Rapp. Int. alla Camera dei Deputati. Già membro dell’Osservatorio antipedofilia della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Ci sono dei segnali che possano far presagire al rischio di trovarsi di fronte a un pedofilo? Sia in 'presenza fisica' sia virtualmente?

Questi soggetti sanno essere molto scaltri e celarsi dietro i cd insospettabili. La tecnologia è loro alleata, garantendo l’anonimato. In rete il minore deve capire che nessuno sconosciuto può chiedergli dati sensibili, quali telefono, indirizzo, tantomeno condivisione di pseudo segreti e fotografie spinte.

Come possono i genitori controllare al meglio i loro figli e figlie per evitare che incappino in queste situazioni?

Il presupposto è essere consapevoli che il genitore deve e può esercitare una – intelligente – forma di verifica delle attività dei figli. Il cellulare e la sim non appartengono al minore; titolari e responsabili ne sono i genitori. Mi fa ridere sentire parlare di privacy per un ragazzino! Ma certo, pare superfluo dirlo, alla base di tutto è necessario un dialogo corretto e aperto fra figli e genitori. Non sempre facile…

Cosa si può fare a livello nazionale per prevenire il fenomeno prima che accada?

Il discorso è ampio. La formazione qualificata deve interessare tutti, dalle potenziali vittime, bambini e adolescenti, ai genitori e nonni, gli educatori (fondamentali come sentinelle a scuola), le Forze dell’Ordine, gli operatori sanitari. Insomma, una rete di alta attenzione che coinvolge tutti e permette di conoscere meglio il fenomeno nei suoi vari aspetti. Poi vorrei venisse approvata la legge proposta dalla Caramella Buona sulla tracciabilità del sex offender: esci dal carcere, la Polizia deve conoscere i tuoi movimenti.

Alcuni hanno criticato il fatto che lei pensa che l'unica soluzione sia il carcere. Come risponde a questo diverso modo di pensare?

Da sempre sono il primo ad auspicare un valido percorso terapeutico per il trattamento dei sex offender: fin quando non ci sarà al cento per cento la certezza scientifica del perfetto risultato continuativo nel tempo, continuerò nella mia idea, senza ipocrisia. Aggiungo pure purtroppo, perché sono ben consapevole dell’aspetto rieducativo della pena e di quanto è importante fermare la recidiva del pedofilo.


Si veda: Le riflessioni del giornalista di Castano Primo, Giuseppe Castoldi

Parlare del fenomeno è forse un modo per combatterlo. Ma ancora mi pare ci sia molta ritrosia. Come si può intervenire in questo senso per vincere la diffidenza delle persone?

Proprio voi amici della stampa avete un ruolo fondamentale, diffondendo corretta informazione, evitando allarmismo controproducente e smettendola col censurare alcune notizie, aspetto che oggi, devo dire, è meno diffuso rispetto solo a qualche anno addietro. Ricordo bene quando non si poteva, soprattutto in Italia, scrivere di pedofilia e in particolare quando riguardava ambienti sensibili, come la chiesa e soggetti appartenenti ad istituzioni forti.

A livello psicologico, cosa accade nella mente di un pedofilo? Ma soprattutto, si può intervenire prima che accada l'irreparabile?

Siamo in presenza di persone con disturbi importanti e, senza scomodare i manuali di psicologia, sono soggetti con difficoltà a rapportarsi con adulti, pensano di poter esercitare sul bambino una forma di controllo e possesso, senza distinzione di sesso, normalmente. Ci sono studi internazionali indirizzati a captare determinate devianze, vengono applicati in selezioni attitudinali, percorsi formativi. Nulla di semplice, anzi. C’è tanto ancora da fare nel campo della pedofilia. Occorre studiare, confrontarsi, aprirsi alla multidisciplinarietà, scevri però da sovrastrutture sociali e omertà che ostacolano da sempre una seria e concreta prevenzione.


A cura di Sara Riboldi

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