Torna a far parlar di sé Accam, ma questa volta a prendere la parola è il capogruppo di maggioranza di Magnago, Massimo Rogora, che dopo l'incontro informale tra il presidente di Accam (Angelo Bellora) e i Comuni soci spiega la situazione si toglie qualche sassolino dalla scarpa.
"Io il 17 la capigruppo sul Pgt la faccio. C'è un iter, abbiamo delle scadenze. Accam è un problema ma non possiamo fermare tutto!". Esordisce così il capogruppo di maggioranza di Magnago, Massimo Rogora, che ai toni accesi di Emanuele Brunini (Movimento 5 Stelle) - che insieme agli altri capigruppo della minoranza aveva chiesto una commissione d'urgenza per Accam - proprio non ci sta. "Mi è stato detto che è più importante Accam, che abbiamo organizzato la capigruppo con poco preavviso e che quindi non può essere presente. Di fatto ci ha dato degli irresponsabili. Se non può, avrebbe potuto dirlo con altri modi, si sarebbe potuta organizzare anche una seconda convocazione, ma questo atteggiamento non è accettabile, anche perché la minoranza non ha tutto il quadro degli impegni che abbiamo. Questo non mi sembra l'atteggiamento più opportuno".
Non si fa attendere la replica di Emanuele Brunini, che sottolinea: "Mai detto che sono irresponsabili. Ho semplicemente fatto presente che reputo la scelta di convocare una commissione con così poco preavviso una mancanza di rispetto. La commissione per il 17 è stata convocata pochi giorni fa, dopo un lungo periodo di inattività e senza consigli comunali previsti. Se ci fosse stato un atteggiamento costruttivo, si sarebbe potuto verificare prima la disponibilità. Io ho impegni che non posso rimandare. E poi la fretta maggiore in questo momento credo sia per Accam, visto che si deve decidere velocemente sul futuro dell'impianto".
Già, Accam. Perché al di là della bagarre politica sulla data di convocazione della commissione, va dato atto che Piano del Governo del Territorio e Accam sono due questioni che non possono essere rimandate. Sul Pgt ritorneremo a tempo debito. Ora però il capogruppo di maggioranza, Massimo Rogora, fa un po' di chiarezza sulla situazione di Accam: "L'impianto fermo costa circa 700mila euro al mese. Il danno è senza precedenti, l'iter complesso e il presidente sta al momento supplendo alla mancanza del direttore generale". Lo scenario è ormai noto: l'incendio che ha danneggiato le turbine che producevano energia ha lasciato un danno enorme derivante sia dal momentaneo stop all'impianto sia dal costo della riparazione della turbina. Un danno che richiederebbe uno sforzo ai Comuni soci di circa tre milioni di euro. Il presidente di Accam ha anche inviato una lettera ai vari soci per informarli con maggiore chiarezza. Ma quali sono gli scenari possibili? "Noi abbiamo chiesto al presidente le varie ipotesi", prosegue Massimo Rogora. "Tutte hanno un costo per i Comuni. La prima consisterebbe nel proseguire l'attività e chiedere di rifinanziare gli impianti. Ipotesi questa che richiederebbe uno sforzo economico per ripristinare la turbina e in generale per far ripartire la società. La seconda prevede la chiusura in bonis, mettendo in liquidazione e pagando dipendenti e fornitori. La terza è l'ipotesi del fallimento, lasciando il tutto in mano a un curatore che cerca di vendere l'impianto. Qui però il rischio è che subentri un privato che prosegua a bruciare i rifiuti ben oltre il 2027. Insomma, ognuna di queste tre ipotesi ha implicazioni economiche e strategiche sul territorio. Accam è una S.P.A. il cui capitale è dei Comuni. Quindi stiamo cercando di capire bene la situazione per decidere come andare avanti".
Il problema è che la politica ha tempi lunghi ma le decisioni devono essere prese piuttosto velocemente, perché ogni giorno in più che passa equivale a ritardi dannosi per la stessa società. Continua Rogora: "C'è bisogno di ripartire, scegliendo comunque una delle tre ipotesi. Probabilmente a breve riusciranno a ripartire con una linea per bruciare i rifiuti (AGGIORNAMENTO - L'impianto è ripartito su una linea). Smaltire i rifiuti permette di avere entrate e questo ripristino permette di scegliere, evitando l'unica opzione del fallimento. Del resto, più il debito diventa alto e più il rischio del fallimento si avvicina. Insomma, per garantire una scelta si è cercato di ripristinare il possibile". Scelta che, in previsione di una possibile riapertura dell'impianto, deve essere fatta nel più breve tempo possibile. L'iter è però lungo. Bisogna intanto aspettare la convocazione dell'assemblea dei soci, che devono raggiungere un accordo. Dopo di che ci deve essere il passaggio dei vari Comuni soci in consiglio comunale. Rogora precisa anche questo: "Non abbiamo dato troppe informazioni semplicemente perché non le avevamo neppure noi e anche quelle che abbiamo ora ci sono state comunicate in una riunione informale. Vogliamo però coinvolgere l'opposizione sulla strategia da adottare".
Nel frattempo, Rogora spiega l'idea dell'amministrazione: "Secondo noi sarebbe molto difficile chiudere la società, che comunque potrebbe diventare una risorsa. Nel piano economico passato avevamo chiesto di convertire la società da termovalorizzatore ad altro. Le idee possono essere tante, da una stazione di compattazione, per esempio, per limitare il numero di camion a un centro di appoggio o di lavorazione della plastica. Insomma, potrebbe diventare un impianto diverso, magari integrando il ciclo completo della raccolta puntuale con l'accorpamento delle municipalizzate di cui i Comuni sono già soci. Insomma un'unica società che possa garantire un servizio integrato ai cittadini e che possa avere la forza progettuale ed economica di guardare al futuro...".
Sara Riboldi
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