Ripartire a partire dalla sofferenza. Sembra quasi un ossimoro. Invece è quello che sta provando a fare Alessandro Azzoni, referente del'Comitato spontaneo 'Verità e Giustizia per le vittime del Trivulzio', che insieme ad altri parenti di persone decedute alla RSA milanese sta cercando di dare un senso a quanto accaduto al Pio Albergo Trivulzio. Lui e tanti altri stanno provando a rimettere insieme i frammenti di vite spezzate dal Coronavirus e lo stanno facendo grazie alla costituzione di un 'associazione, l'Associazione Felicita. Gli obiettivi sono molteplici: avere risposte da una parte, dando voce a chi non ne ha ma anche dare voce ai ricordi attraverso la realizzazione di un muro della memoria virtuale. Il progetto finale è immenso: creare nella società una nuova cultura per e con gli anziani. La testimonianza.
Testimone diretto di storie drammatiche, Alessandro racconta la sua esperienza: "Il 25 marzo vengo a sapere che mia mamma, affetta da Alzheimer, ha la febbre, non è isolata in un reparto speciale e non è stato possibile effettuare il tampone. Dal 13 aprile vengo a conoscenza che mia madre è gravissima, come altre persone all'interno del reparto". La voce di alessandro lascia trasparire l'angoscia di chi ha contato i giorni per avere notizie certe: "Le chiamate erano saltuarie, quando molti di noi sentivano i propri cari avvertivamo la voce soffocata per poi essere avvertiti delle complicazioni. Ancora adesso c'è chiusura e omertà rispetto ai numeri". Alessandro non tace. Contatta le principali testate giornalistiche, rende nota la vicenda e costituisce il comitato spontaneo che riunisce i parenti delle persone decedute. Il fine? "Capire cosa stava succedendo e avere voce. I parenti vivono sulla propria pelle l'impotenza e la sordità delle istituzioni. Vedevamo le bare ammassate nella chiesa. Il Pio albergo è diventato emblema negativo a livello nazionale. Noi siamo stati referenti dei parenti di molte altre RSA lombarde che avevano vissuto la stessa esperienza tragica. Siamo testimoni di qualcosa di tragicamente enorme". Precisa Alessandro: "Noi non cerchiamo vendetta, ma verità. Vogliamo cercare di capire la responsabilità gestionali di quanto accaduto. Molte RSA non hanno avuto contagi e decessi, dimostrando che si poteva tenere sotto controllo".
Gli interventi portati avanti sono stati tanti, a partire da un esposto a nome di 150 famiglie. Ma non solo. I parenti delle vittime hanno chiesto l'intervento del sindaco, del Governo, hanno fatto una manifestazione per chiedere l'apertura immediata della struttura ai parenti, fino ad arrivare a richiedere l'intervento del prefetto, Renato Saccone. "L'aspetto sociale è fondamentale per gli anziani", spiega Alessandro. "Inoltre, volevamo vedere i nostri anziani. Nel Prefetto abbiamo trovato una personalità istituzionale di grande sensibilità; si è attivato immediatamente per chiedere alla dirigenza l'attivazione di un protocollo per le visite ai parenti. Grazie al suo intervento da pochi giorni sono cominciate le visite protette in via sperimentale. Questo è un segnale forte".
L'associazione però ha anche l'obiettivo di dare voce ai ricordi, alle storie, alle voci spezzate dal dolore che cercano di ridarsi un significato. "Abbiamo il progetto di realizzare un muro della memoria virtuale, un sito con i racconti e le testimonianze dei parenti. Non vogliamo sia dimenticata alcuna di queste storie". Ecco allora che sta emergendo tutto il potere di cura della narrazione, che permette di restituire segni e significati ai vissuti, dolorosi, di queste persone
Il progetto della nuova associazione è però ben più ampio: "Vogliamo essere promotori di una nuova cultura della vecchiaia. Gli anziani sono spesso considerati come merce di scambio e la loro fragilità è considerata un peso di cui bisogna disfarsi. Invece gli anziani costituiscono un valore per la società, sono la nostra memoria che è alla base di questo Paese. La proposta è di tornare a un servizio territoriale domiciliare. Chi può terrebbe il proprio anziano a casa. Vogliamo che sia garantita assistenza domiciliare, che si crei un sistema che garantisca la qualità di cura". Una cura che non è solo fisica ma anche affettiva e che coinvolga tutte le dimensioni della persona.
Sara Riboldi