Vanzaghello - Le difficoltà dei bar
Intervista a Marianna Modugno

Marianna Modugno

Il Coronavirus sta cambiando le nostre vite da oramai oltre un anno, con forti ripercussioni anche sulle realtà economiche locali. Le attività legate alla ristorazione sono fra le più colpite. Ne parliamo con Marianna Modugno, titolare di un noto bar a Vanzaghello.

Marianna, come stai vivendo questo periodo difficile di continue chiusure e stop?

È passato un anno dal messaggio televisivo del premier Conte dove annunciava la chiusura della mia categoria. A oggi la stessa incredulità. Il mio stato d'animo inizia ad accusare i colpi e anche quello dei miei collaboratori.

Lo Stato è intervenuto in tutela di attività come la tua?

Lo stato è intervenuto con un aiuto che lo definire più come un’elemosina. Dallo scorso marzo a oggi ho ricevuto 1200 euro in due trance. Sicuramente dei contributi più sostanziosi non ci avrebbero certo fatto male. I pagamenti sono e continuano a essere spostati, ma non so come faremo a pagarli il giorno in cui questa emergenza sarà finita, perché il lavoro di un anno non lo recupereremo sicuramente. Nessuno ha la bacchetta magica per gestire una epidemia. Non è facile né per chi ci governa - che fa i conti con i numeri nazionali - né per noi, che nel nostro piccolo sappiamo che il nostro paese è da zona bianca (almeno per ora). Forse proprio questa consapevolezza dei numeri ridotti in paese innervosisce noi gestori che ci siamo adeguati come ci hanno chiesto, dalla riduzione degli orari alla riduzione vera e propria degli spazi a disposizione della clientela. Parlo per me ma sono sicura che se lo chiedesse anche ai miei colleghi sarebbero d'accordo.

Quale soluzione avresti preferito?

Invece di obbligarci a servire un caffè in una tazza di plastica o cartone avrei preferito eliminare completamente le sedute all'interno del locale ma avere la possibilità di servire uno o due clienti al massimo al bancone. Loro avrebbero consumato in tutta tranquillità e sicurezza, un po’ come succede agli sportelli della posta.

Come reputi il fatto che alcuni locali non rispettino le norme?

Far rispettare le norme non è mai facile. Ogni giorno, dal momento che apriamo fino alla chiusura, ci sono due domande che ci perseguono. Quindi domani? Che zona siamo? Posso bere qui il caffè? Tanto non c'è nessuno, ci metto un attimo. Come dargli torto, quanto ci vuole a bere un caffè? Difficile incolpare; per me è più facile comprendere le difficoltà dei gestori, che oltre a veder morire la propria attività, si trovano a dover sopravvivere con i soli mezzi che hanno a disposizione.

Come vedi il tuo futuro?

Incerto sicuramente, ma io ho talmente tanta voglia di poter ritrovarmi ad ascoltare le avventure e disavventure dei clienti di ogni età: chi esce di casa e dice ‘Ecco vado dalla Marianna per un cappuccino come solo lei sa fare, dal Geppo per bere uno spritz, dal Lele per cantare canzoni di altri tempi... Quindi, nonostante l'incertezza, voglio sperare che tutto passi in fretta e che si possa tornare alla normalità.

Quale messaggio vorresti lanciare alle persone?

Alle persone dico che dobbiamo ben sperare, adeguarci e non perdere mai il sorriso, anche sotto la mascherina. Come dico ai miei figli, siamo i protagonisti di una o più pagine dei libri di storia che studieranno i vostri nipoti.


Intervista a cura di Sara Riboldi

Condividi questo articolo su:

Sommario: