Castano Primo - Moschee, dopo l'annullamento da parte della Corte costituzionale di alcune disposizioni in materia di localizzazione dei luoghi di culto introdotte nella disciplina urbanistica lombarda dalla legge regionale della Lombardia del 2015, si pronuncia anche il TAR riguardo al ricorso presentato dall'associazione Madni per annullare la determina del 13 marzo 2017, che prevedeva l’annullamento del permesso di costruire rilasciato nel 2016 all’Associazione Culturale Madni per realizzare un centro culturale che prevedesse anche momenti di preghiera. Il TAR dà ragione alla Madni: la determina è da annullare ma niente risarcimento danni. Sulla vicenda interviene anche il giornalista e docente, Giuseppe Castoldi, che sulla questione ha scritto un saggio e che chiede un'assemblea pubblica.
L’associazione Madni compra l'immobile in via Friuli a ottobre 2013 e il 24 luglio 2015 ottiene l’autorizzazione paesaggistica per l’ampliamento dell’edificio esistente “con cambio di destinazione d’uso da residenza a servizio alle persone”. Il permesso di costruire viene rilasciato il 15 gennaio 2016. Nel frattempo, la minoranza si fa sentire già dal 2015. Il Carroccio presenta un’interpellanza, chiedendo se si fosse proceduto alla verifica del rispetto delle norme urbanistiche delle sedi di associazione di matrice islamica sul territorio. Il Comune rassicura. A giugno 2016 sempre la Lega propone un referendum per capire se le persone sarebbero favorevoli o contrarie alla realizzazione di una moschea, con tanto di urne in piazza. Nel frattempo, il sindaco Giuseppe Pignatiello smentisce la possibile realizzazione di una moschea. Siamo a luglio 2016 quando l’associazione comunica l’inizio dei lavori per dare vita a un'associazione culturale, all'interno della quale - fra le varie attività - si sarebbero praticati anche momenti di preghiera, come ribadisce più volte l'associazione. Il fatto spacca il paese. Alcuni cittadini protocollano una raccolta firme per segnalare la situazione in Comune, mentre i consiglieri di minoranza esprimono le loro perplessità. Nascono i primi dubbi sui permessi di costruzione, in relazione alla ormai nota legge regionale del febbraio 2015, che vieta la realizzazione di luoghi di culto se non appositamente previste nel piano per le attrezzature religiose. In autotutela, l'Amministrazione sospende i lavori nell'ottobre 2016 e nel marzo 2017 annulla la pratica del permesso di costruire per varie ragioni: il Comune non dispone di un piano per le attrezzature religiose previste dalla legge regionale e poi, secondo il Comune, l’area altamente residenziale sarebbe inidonea per le ridotte dimensioni e per le criticità viabilistiche e relative ai parcheggi. La Madni presenta ricorso al TAR, che respinge il ricorso su quasi tutti i punti ma che solleva dubbi sulla legittimità dell’articolo della legge regionale che prevede il piano per le attrezzature religiose. Secondo il TAR lascerebbe la discrezionalità di scelta al Comune e porrebbe limitazioni alla libertà religiosa ma rinvia la scelta alla Corte Costituzionale, che appunto deposita la sentenza a favore della libertà di culto e dichiara anti costituzionale le già citate disposizioni della legge regionale.
Dopo la pronuncia della Corte costituzionale, il TAR si pronuncia in modo definitivo. La determinazione va annullata, per effetto della decisione della Corte costituzionale. Manca infatti la condizione legale dell’approvazione preventiva del Piano delle Attrezzature religiose per il rilascio del permesso di costruire preordinato alla realizzazione di un’attrezzatura per l’esercizio del culto. L'assenza del Piano non può essere una motivazione che impedisca l'insediamento di una struttura religiosa.
E per la richiesta dei danni da parte della Madni? L'associazione aveva infatti chiesto un risarcimento poiché il Comune avrebbe preventivamente certificato la compatibilità urbanistica del cambio di destinazione d’uso, inducendo l’Associazione ad acquistare la proprietà dell’immobile e successivamente rilasciato un’autorizzazione paesaggistica e un permesso di costruire - poi annullato - generando la convinzione di poter procedere con i lavori. Il TAR boccia la domanda di risarcimento danni. Si legge nella sentenza: "Il Collegio osserva in via preliminare che non può ravvisarsi alcun danno economico per l’acquisto dell’immobile o per le opere eseguite, dal momento che l’Associazione non ha perso la proprietà dell’immobile, che potrà essere destinato a sede di attività culturale e religiosa, e le opere non sono state comunque rimosse. Semmai un pregiudizio è astrattamente riferibile alla stasi dell’attività edilizia e al mancato godimento dell’immobile, medio tempore, per l’esercizio dell’attività religiosa. In ogni caso, rispetto alla richiesta di danni, il Collegio osserva come non sia stato provato l'elemento psicologico dell'illecito, non essendo sufficiente la mera illegittimità dell'attività provvedimentale per il riconoscimento della tutela risarcitoria". Insomma, la richiesta "[...] non può essere accolta in quanto difetta quanto meno dell'elemento soggettivo della colpa, che deve necessariamente sussistere ai sensi dell'art. 2043 c.c. Infatti, l'Amministrazione ha agito dando applicazione alla legge in quel momento vigente, sicché alcun rimprovero può essere, sul punto, mosso alla stessa"
E ora? Adesso la questione è allo studio dell'Amministrazione. L'associazione Madni più volte ha ribadito che l'obiettivo è di realizzare un centro culturale, che preveda varie attività e che unisca qualche momento dedicato alla preghiera. Fin dall'inizio ha sempre sottolineato che l'edificio non sarebbe una vera e propria moschea. In ogni caso, la sentenza del TAR dà ragione all'associazione nell'ottica di salvaguardia della libertà di culto. In altri articoli daremo spazio ai commenti della politica. In questa sede, diamo la parola alle persone. "Non vedo cosa ci sia di male - sottolinea una giovane donna - Una comunità religiosa da anni sul nostro territorio vorrebbe uno spazio tutto suo. Sinceramente non capisco il motivo per cui il sindaco si era opposto (il motivo dell'annullamento del permesso di costruire è dovuto, come scritto sopra, alle norme regionali in vigore, ndr). È sempre così disponibile e aperto con tutti. Anche se dovessero farci una moschea dove sarebbe il problema? Si sono sempre comportati bene. Non hanno mai dato fastidio a nessuno. Chi ci dà il diritto di poter praticare la nostra fede in chiesa e a loro no? Basta con questa storia che se andiamo da loro non ci concedono nulla. Noi dobbiamo essere superiori. Dobbiamo essere aperti con i nostri fratelli altrimenti cosa andiamo a fare in chiesa se poi seguiamo la religione per solo quello che ci fa comodo? Sveglia gente, il mondo è cambiato e sta cambiando. Come in passato siamo emigrati noi adesso le persone immigrano nelle nostre terre. E se vogliono un luogo di culto perché non possono averlo?".
Sulla questione interviene anche il giornalista e docente, Giuseppe Castoldi, che recentemente ha preparato sulla vicenda un saggio, Convivere con l’Islam in buona armonia, distribuito ai soli interessati al tema. Castoldi dal 2014 al 2018 ha fatto parte della Consulta comunale per l’Intercultura, che però ha di fatto cessato la sua attività nel 2018. "Moschea a Castano: un obiettivo di civiltà". Questo il titolo dell'intervento di Giuseppe Castoldi, che riportiamo in modo integrale:
"La recente sentenza del TAR fa tornare d’attualità il problema della 'moschea' o sede dell’associazione culturale islamica che dir si voglia, che i nostri concittadini di origine pakistana intenderebbero realizzare a Castano Primo. Molti Castanesi sono contrari a tale progetto, per due ordini di motivi (Personalmente ho cercato di raccogliere varie opinioni parlando in giro con la gente). C’è chi considera un fatto inaccettabile, da contrastare in tutti i modi, l’apertura di un qualsivoglia centro di aggregazione islamica (fosse pure ubicato in mezzo ai boschi) adducendo come motivazione quella che a loro detta sarebbe l’intrinseca negatività della religione musulmana, da molti ritenuta inconciliabile con i princìpi della nostra civiltà occidentale (se non della civiltà tout court), nonché la presunta potenziale pericolosità di centri del genere, che potrebbero diventare poli di attrazione di fondamentalisti o addirittura di fiancheggiatori del terrorismo. C’è poi invece chi, con motivazioni sicuramente più condivisibili, mette in discussione la creazione di un centro islamico (in via Friuli o in qualsiasi altro contesto residenziale) concentrandosi su aspetti quali i problemi viabilistici o il possibile disturbo che l’attività di un simile centro potrebbe arrecare ai residenti del quartiere. Nell’uno e nell’altro caso le perplessità dei cittadini meritano una risposta. A tal fine propongo che venga indetta a breve una pubblica assemblea, aperta a tutti, con la partecipazione di rappresentanti delle due associazioni islamiche cittadine (Associazione “Madni” e Associazione Islamica Castanese) e delle forze politiche. Solo attraverso un ampio e franco confronto tra persone (non possiamo limitarci a dire la nostra su Facebook) si potranno chiarire tante cose, risolvere dubbi, dissipare equivoci. Al di là di tutti gli aspetti problematici, che dovranno essere affrontati e risolti, personalmente ritengo che l’apertura di un centro dove i musulmani castanesi possano riunirsi e praticare il loro culto (secondo un diritto riconosciuto dalla nostra Costituzione) sia un ineludibile impegno di civiltà al quale la nostra comunità cittadina non potrà sottrarsi. Certo, la cosa appare un po’ difficile da 'digerire' per tanta gente, ma prima o poi dovremo arrivarci. Sto cercando di dare un piccolo contributo al dibattito e a questo scopo ho realizzato un opuscolo dal titolo Convivere con l’Islam in buona armonia, mettendo insieme miei articoli giornalistici e altri interventi degli ultimi due anni. Se qualcuno fosse interessato potrei mandare il file per e-mail. Comunicatemi il vostro indirizzo scrivendo a Contatta Giuseppe Castoldi".
Sara Riboldi
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