Moschee, la Consulta costituzionale boccia e annulla due disposizioni in materia di localizzazione dei luoghi di culto introdotte nella disciplina urbanistica lombarda dalla legge regionale della Lombardia n. 2 del 2015. Violerebbe la libertà religiosa garantita dall’articolo 19 della Costituzione, che comprende anche la libertà di culto. A Castano Primo un acceso dibattito politico e pubblico aveva animato la questione della nascita in paese di una possibile moschea. E ora cosa accadrà?
A darne notizia è la stessa Corte costituzionale, attraverso una nota stampa ripresa dalle testate nazionali. Secndo la sentenza (numero 254, depositata giovedì 5 dicembre 2019, relatrice Daria De Pretis) emessa dalla Corte, la libertà di culto comprende anche il diritto di disporre di psazi adeguati per poterla esercitare in modo concreto. Per questo motivo, non è possibilire ostacolare l'insediamento di attrezzature religiose, quando di disciplina l'uso del territorio. La Corte accoglie dunque le questioni sollevate dal TAR Lombardia, che - ricordiamo - si era espresso anche sulla questione della moschea a Castano Primo, sollevando i dubbi sulla legittimità di alcuni punti della legge regionale. La Corte prosegue annullando due disposizioni della legge regionale della Lombardia del 2015. Si legge nella nota stampa: "La prima (contenuta nell’articolo 72, secondo comma, legge 12/2005) poneva come condizione per l’apertura di qualsiasi nuovo luogo di culto l’esistenza del piano per le attrezzature religiose (PAR). La Corte ha fatto riferimento al carattere assoluto della norma, che riguardava indistintamente tutte le nuove attrezzature religiose a prescindere dal loro impatto urbanistico, e al regime differenziato irragionevolmente riservato alle sole attrezzature religiose e non alle altre opere di urbanizzazione secondaria. In base alla seconda disposizione dichiarata incostituzionale (articolo 72, quinto comma, secondo periodo), il PAR poteva essere adottato solo unitamente al piano di governo del territorio (PGT). Secondo la Corte, questa necessaria contestualità e il carattere del tutto discrezionale del potere del Comune di procedere alla formazione del PGT rendevano assolutamente incerta e aleatoria la possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto. Le norme censurate finivano così per determinare una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrispondesse alcun reale interesse di buon governo del territorio".
La questione a Castano Primo trova le sue radici già nel 2013. L’associazione Madni chiede al Comune (ancora con la precedente amministrazione) un primo parere preventivo all’esercizio dell’attività di culto nell’edificio di via Friuli. Il 22 marzo 2013 il Comune esprime il parere favorevole. Le motivazioni sono chiare: secondo il Comune le attrezzature culturali possono rientrare nei ‘servizi alla persona’ in una zona residenziale, previo adeguamento della struttura stessa. A ottobre 2013 la Madni compra l’immobile e il 24 luglio 2015 (con la nuova amministrazione) ottiene l’autorizzazione paesaggistica per l’ampliamento dell’edificio esistente “con cambio di destinazione d’uso da residenza a servizio alle persone”. L’ormai noto permesso di costruire viene rilasciato il 15 gennaio 2016. Va specificato che la decisone di rilasciare il permesso spetta – come dicono le leggi – agli uffici del comune e non all’amministrazione o al sindaco. Nel frattempo, la minoranza si fa sentire già dal 2015. Il Carroccio presenta un’interpellanza, chiedendo se si fosse proceduto alla verifica del rispetto delle norme urbanistiche delle sedi di associazione di matrice islamica sul territorio. Il Comune rassicura. A giugno 2016 sempre la Lega propone un referendum per capire se le persone sarebbero favorevoli o contrarie alla realizzazione di una moschea, con tanto di urne in piazza. Nel frattempo, il sindaco Giuseppe Pignatiello smentisce la possibile realizzazione di una moschea. Siamo a luglio 2016 quando l’associazione comunica l’inizio dei lavori.
Con il tempo viene fuori che il nuovo edificio avrebbe anche funzioni di culto. E scoppia la polemica. Alcuni cittadini protocollano una raccolta firme per segnalare la situazione in Comune, mentre i consiglieri di minoranza esprimono a gran voce tutte le loro perplessità. Nascono i primi dubbi sui permessi di costruzione. I dubbi di Pignatiello lo portano all’azione in autotutela, anche con il supporto del segretario comunale. Il sindaco si rivolge ad avvocati specializzati. Non solo, Pignatiello si rivolge anche alla Regione, cercando di capire meglio la legge regionale del febbraio 2015, quella che vieta la realizzazione di luoghi di culto se non appositamente previste nel piano per le attrezzature religiose. Insomma, da una parte le minoranze si esprimono dall’altra il sindaco prosegue per la sua strada e agisce cercando di sbrogliare la matassa, al di là delle azioni della minoranza. Più volte ribadisce che “bisogna agire nel rispetto delle leggi” e che la sua azione è “in autotutela e volta a verificare che tutte le norme siano rispettate”.
Nel frattempo, alcuni esponenti dell’associazione Madni hanno un incontro con il sindaco Giuseppe Pignatiello. I membri dell’associazione hanno sempre dichiarato che la loro non fosse una moschea nel senso specifico del termine, ma un’associazione culturale all’interno della quale – fra le varie attività – si praticavano anche momenti di preghiera. L’associazione in via cautelativa blocca i lavori nell’ottobre 2016, fino alla scelta comunale di avviare l'iter per l'annullamento della pratica del permesso di costruire. Annullamento che poi è confermato nel marzo 2017 in autotutela. Le ragioni dell’amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Pignatiello sono chiare: intanto il Comune non dispone di un piano per le attrezzature religiose previste dalla legge regionale e poi ci sono criticità: secondo il Comune l’area, altamente residenziale, sarebbe inidonea per le ridotte dimensioni e per le criticità viabilistiche e relative ai parcheggi. La destinazione a luogo di culto, secondo l’amministrazione, sarebbe confermata anche dalla struttura architettonica e dalla disposizione dei locali.
La Madni fa valere le sue ragioni, fra le quali il fatto che la destinazione dell’edificio sarebbe stata attuata prima dell’entrata in vigore della legge. Il TAR però è chiaro in merito: la legge ‘salva’ le strutture giuridicamente già esistenti e non “gli immobili destinati ad attività di culto in via di mero fatto e senza un apposito titolo”. L’associazione, inoltre, sottolinea che la zona non vieta la destinazione ai ‘servizi alla persona’ ma anche qui il TAR precisa che la legge regionale non consente di associare le ‘attrezzature di interesse comune per servizi religiosi’ in ‘servizi alle persone’. Il ricorso della Madni è quindi respinto in quasi tutti i punti e il TAR dà ragione al Comune anche per quanto riguarda le criticità della zona. Solleva però dubbi sulla legittimità dell’articolo della legge regionale che prevede il piano per le attrezzature religiose. Secondo il TAR lascerebbe la discrezionalità di scelta al Comune e porrebbe limitazioni alla libertà religiosa ma rinvia la scelta alla Corte Costituzionale, che appunto deposita la sentenza a favore della libertà di culto e dichiara anti costituzionale le già citate disposizioni della legge regionale.
Ora la situazione a Castano Primo si fa di nuovo accesa, sia per quanto riguarda gli eventuali risarcimenti alla Madni sia per quanto concerne il famoso permesso di costruire annullato. Ricordiamo, che il Comune aveva a suo tempo agito nel rispetto dell'applicazione della legge Regionale. Ora però, con la sentenza della Corte costituzionale, la vicenda potrebbe avere una svolta. Ne seguiremo le vicende.
Intanto, abbiamo chiesto un'opinione al giornalista e docente, Giuseppe Castoldi: "La sentenza della Consulta, secondo me, viene incontro alle aspettative non solo degli islamici castanesi e lombardi ma anche di tanti cittadini non musulmani dalla mentalità aperta e tollerante, consapevoli della necessità di creare le condizioni per lo siluppo armonioso di una società inevitabilmente destinata a diventare sempre più multietnica e multiculturale. Le norme restrittive della Regione Lombardia contenute nella cosiddetta 'legge antimoschee', pur rispondendo in parte a condivisibili esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza, mi sembrano viziate da un pregiudizio anti-islamico di fondo che spero possa venire superato in fase di riformulazione degli articoli contestati. Auguro ai musulmani castanesi di potere presto disporre di uno spazio idoneo dove poter portare avanti le loro iniziative culturali e dove poter praticare gli atti di culto della loro religione. Questo corrisponderebbe, oltre che al dettato costituzionale (art.19), anche ad un elementare principio di civiltà.
Sara Riboldi
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