Castano Primo - Omicidio Mannina, prevista per venerdì 4 giugno la sentenza della Cassazione che si deve esprimere sulla conferma o meno dell'ergastolo allo zio del killer. La sorella di Silvio, Simona: "Più il tempo scorre, più mi sento mancare l'aria".
Venerdì 28 febbraio 2014. Silvio Mannina arriva alla stazione di Rimini da Bologna, dove abitava, ignaro di quello che stava per accadere. Ignaro che quello sarebbe stato il giorno della sua morte. Una volta arrivato all'appartamento di Dritan Demiraj, l'uomo viene ammanettato e torturato. Poi viene strangolato con un cavo attorno al collo. Con una freddezza che non si riesce neppure a immaginare, il corpo viene sepolto in una buca scavata alla cava del lago azzurro di Santarcangelo di Romagna. Verrà ritrovato dagli inquirenti solo successivamente, dopo la confessione dello stesso Dritan. L'iter giudiziario è lungo. Dopo una sentenza di primo grado che lo aveva condannato all’ergastolo, poiché ritenuto responsabile del duplice omicidio (di Mannina e della ex compagna Lidia Nusdorfi, accoltellata il giorno dopo Mannina alla stazione di Mozzate, in provincia di Como), per Dritan viene pronunciata la sentenza di non luogo a procedere, aggredito da un detenuto in carcere e per questo non più in grado di stare in giudizio.
La vicenda dello zio di Dritan, Sadik Dine, è ancora aperta. La sentenza di primo grado aveva condannato Dine a 5 anni per occultamento di cadavere. I giudici non hanno infatti ritenuto che ci fossero sufficienti prove per dimostrare che lo zio fosse presente al momento dell’omicidio. Dine del resto si è sempre dichiarato estraneo ai due omicidi. La sentenza d’Appello però, aveva ribaltato la sentenza di primo grado e aveva riconosciuto le responsabilità dell’uomo, condannandolo all’ergastolo. La Cassazione ora è chiamata a decidere se confermare o meno l'ergastolo all'uomo. Prevista la sentenza per venerdì 4 giugno.
Simona, la sorella di Silvio, aspetta che la vicenda si chiuda da ormai sette anni. Il 4 giugno segnerà la parola fine a una storia durata troppo a lungo e che ha provocato dolore e sofferenza. Una sofferenza che per Simona non ha fine. Le sue parole lasciano trapelare tutta la forza che ha messo in questi anni per reagire ma anche il dolore e la speranza di avere la sua giustizia, sebbene questa non possa restituirle il suo amato fratello. Commenta: "Ci sono persone che mi chiedono che cosa mi aspetto. Dopo sette anni, se fosse confermato l'ergastolo, per qualcuno potrebbe sembrare una vittoria. Ma per me non è vittoria, è solo giustizia. Si condanna una persona perché ha sbagliato. Noi saremo soddisfatti nel sapere che questo uomo pagherà per il male che ha fatto a mio fratello, alla sua bambina, a me, alla mia famiglia. Più il tempo scorre, più mi sento mancare l'aria. Se non fosse condannato all'ergastolo, io penso che perderei vent'anni di vita. Sarebbe un colpo veramente duro da mandare giù".
Sara Riboldi
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