Castano Primo - Silvio Mannina, decisione rimessa alle Sezioni Unite
Centrali le dichiarazioni acquisite della ex compagna del killer
Il dolce ricordo della sorella Simona

Silvio Mannina

Castano Primo - Omicidio Mannina, la Cassazione ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite per stabilire la legittimità o meno della condanna dello zio del Killer. Centrali le dichiarazioni scritte acquisite dalla ex compagna del killer, deceduta dopo una malattia ma che prima di morire aveva accusato l’uomo di aver aiutato il nipote nell’omicidio di Mannina. Lo zio del killer si era sempre dichiarato estraneo all’omicidio. Simona, la sorella di Silvio, aspetta la conclusione della vicenda da oltre sette anni. La stanchezza e la rabbia non cancellano però i teneri ricordi verso il suo amato fratello: “Darei l'anima solo per sentire un minuto dei suoi cori, per vedere la sua cucina sporca, sentire la sua voce: è ciò che mi manca di più”.

La vicenda

La data di venerdì 28 febbraio 2014 rimarrà sempre nella mente e nel cuore di Simona ma anche di tutte le persone che hanno amato Silvio Mannina. Una data che segna la morte di Silvio e l'inizio di una vicenda che sembra essere senza fine. Silvio Mannina arriva alla stazione di Rimini da Bologna, dove abitava. Una volta arrivato all'appartamento di Dritan Demiraj, l'uomo viene ammanettato e torturato. Poi viene strangolato con un cavo attorno al collo. Il corpo viene sepolto in una buca scavata alla cava del lago azzurro di Santarcangelo di Romagna. Verrà ritrovato dagli inquirenti dopo la confessione dello stesso Dritan. Dopo una sentenza di primo grado che lo aveva condannato all’ergastolo, poiché ritenuto responsabile del duplice omicidio (di Mannina e della ex compagna Lidia Nusdorfi, accoltellata il giorno dopo Mannina alla stazione di Mozzate, in provincia di Como), per Dritan viene pronunciata la sentenza di non luogo a procedere, aggredito da un detenuto in carcere e per questo non più in grado di stare in giudizio.

La posizione in bilico dello zio

La vicenda dello zio di Dritan, Sadik Dine, resta ancora aperta. La sentenza di primo grado aveva condannato Dine a 5 anni per occultamento di cadavere. I giudici non hanno infatti ritenuto che ci fossero sufficienti prove per dimostrare che lo zio fosse presente al momento dell’omicidio. Dine del resto si è sempre dichiarato estraneo ai due omicidi. In alcune dichiarazioni rilasciate negli anni alla stampa aveva sempre confermato di aver aiutato il nipote a nascondere il corpo di Mannina, ma aveva ribadito di non essere presente al momento dell’omicidio. La sentenza d’Appello però, aveva ribaltato la sentenza di primo grado e aveva riconosciuto le responsabilità dell’uomo, condannandolo all’ergastolo. Centrali erano state le dichiarazioni di Monica Sanchi, ex compagna del killer anche essa condannata a 30 anni ma poi deceduta dopo una malattia. La donna aveva dichiarato che Sadik Dine sarebbe stato presente al momento dell’omicidio. Il legale dell’uomo, Massimiliano Orrù, aveva presentato ricorso in Cassazione, che aveva annullato la sentenza e aveva sottolineato la necessità di risentire la donna, che però nel frattempo muore. Al nuovo appello, furono acquisite le dichiarazioni rese in precedenza dalla Sanchi e i giudici avevano confermato l’ergastolo. Il legale difensore dell’imputato aveva però presentato di nuovo il ricorso, basato proprio sull’acquisizione delle parole della donna deceduta. La Cassazione ha deciso a oggi di rimettere la questione alle Sezioni Unite, organo massimo.

Il dolce ricordo di Simona, sorella di Silvio Mannina

Simona, la sorella di Silvio, ha dichiarato più volte la sua rabbia e il suo senso di impotenza per una vicenda che dura da oltre sette anni. Ma la tristezza, la rabbia e il dolore non cancellano i dolci ricordi di Simona, verso un fratello al quale era ed è legatissima: “Ho sempre detto che mio fratello aveva un sacco di difetti. Adorava farmi saltare i nervi giusto per stuzzicarmi; a volte magari sapeva che mi piaceva un pezzo di un film e lui apposta ci parlava sopra, oppure sapeva che odiavo quando ‘cantava’ i cori dell'Inter come se fosse allo stadio e puntualmente, soprattutto quando ero al telefono, si metteva a urlarle”. I ricordi di Simona lasciano spazio alle lacrime mischiate a teneri sorrisi, mentre ricorda la quotidianità vissuta con il fratello: “Mi ricordo quando mio figlio aveva pochi mesi: Silvio cercava di cullarlo con queste canzoni ma dopo anche un'ora il bambino non dormiva mi guardava pure perplesso e mi diceva ‘o Simo non dorme’. Quando si metteva a cucinare sporcava mezza casa e ovviamente poi toccava a me pulire”. Una quotidianità che non può essere cancellata e che ora a Simona manca tremendamente: “Silvio era un ragazzo che non aveva nulla da offrire, ma quel nulla se lo chiedevi lui te lo dava. Quando io gli chiedevo un favore, al mio ‘grazie’ lui rispondeva: ‘o Simo va che sei mia sorella’. Non ho mai pensato potesse finire così, neanche lontanamente. Darei l'anima solo per sentire un minuto dei suoi cori, per vedere la sua cucina sporca, sentire la sua voce: è ciò che mi manca di più”.


Sara Riboldi

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