Giovane ricercatore vince un premio e vola negli Stati Uniti

Giorgio Pariani

Giovane ricercatore vince un premio e si ritrova a lavorare per un’importante azienda internazionale nel settore della diagnostica per immagini negli Stati Uniti. Sembra una fiaba quella di Giorgio Pariani, di Magnago, classe 1982 e vincitore, nel 2016, della terza edizione del Premio Fulvio Bracco sull’Imaging Diagnostica. Ora Giorgio è in Italia. Qui vuole restare per diventare un “ingranaggio utile alla società”. Scelta che va decisamente contro corrente rispetto ai tanti giovani cervelli italiani che dall’Italia ‘fuggono’ per avere opportunità lavorative che - purtroppo – nel nostro Paese non trovano.

La storia

Appassionato di musica fin dall’infanzia, la scelta professionale è poi ricaduta in àmbito scientifico: dopo i corsi di laurea in Biologia Sanitaria e Biologia applicata alla Ricerca Biomedica, Giorgio sceglie un dottorato nel campo della risonanza magnetica a Torino, al Centro di Imaging Molecolare. Nell’àmbito del dottorato, Giorgio lavora sei mesi al Martinos Center - Harvard Medical School di Boston. Tornato dagli Stati Uniti, dopo la tesi di dottorato, inizia un percorso a Monaco di Baviera come research scientist all’Helmholtz Zentrum. Ma è grazie al premio Bracco che Giorgio ha la possibilità di inserirsi in un’azienda internazionale. “Mi sono occupato di scouting, cioè cercare nuove opportunità da poter proporre alla direzione Ricerca&Sviluppo. Bisogna avere una visione a 360°, poiché è necessario esaminare e cogliere l’opportunità potenzialmente utile all’azienda in tutti i campi della diagnostica. Un altro aspetto molto positivo di questo lavoro è il continuo contatto con università e centri di eccellenza come Harvard o Stanford”.

Il ricercatore oggi, tra soddisfazioni e difficoltà

Giorgio sottolinea la difficoltà di essere un ricercatore: “Essere ricercatori oggi significa essere aperti a cambiare laboratorio, Paese, continente per almeno i primi 5-8 anni dalla laurea. È fondamentale spostarsi per acquisire nuove conoscenze e competenze e creare una rete anche a livello internazionale. La certezza del futuro sicuramente manca, ma in azienda non è molto diverso. In Italia, soprattutto durante il dottorato, si tende a essere più seguiti rispetto all’estero, dove si lascia maggiore libertà e di conseguenza anche maggiore responsabilità. Tuttavia, la differenza fondamentale la fa il gruppo di ricerca, non tanto il Paese”. I finanziamenti diventano fondamentali: “L’Italia non è fra i Paesi che investono di più nella ricerca accademica e si fa più fatica a ottenere fondi. Ho comunque visto gruppi di ricerca in eccellenze accademiche estere chiudere perché il progetto su cui lavoravano non è stato rifinanziato. Una cosa che potrebbe essere migliorata è quella di favorire il rientro di ricercatori italiani che hanno studiato in Italia e che sono andati all’estero a fare un’esperienza formativa di ricerca”.


Sara Riboldi

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