I diritti calpestati dal caporalato

Intervista a Leonardo Palmisano

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Siamo nel 2019, eppure ancora esiste il fenomeno del caporalato. La figura del caporale si è evoluta nel corso del tempo: è passata dall’essere una figura intermediaria a servizio e supporto dei padroni a essere padroni di loro stessi. I caporali hanno il controllo sulla vita dei braccianti, italiani o stranieri: dalla paga al trasporto, a chi deve o non deve lavorare. Spesso i braccianti non hanno alternative e si ritrovano a lavorare in condizioni precarie e devastanti sia dal punto di vista fisico sia da quello della dignità umana. E il sistema del caporalato si è affinato. Oggi si possono trovare caporali in senso stretto, italiani o ex braccianti divenuti caporali, ma anche caporali mascherati da tour operator o le cooperative fasulle gestite dai caporali. Ci sono anche modi per aggirare le norme, che – ricordiamo – sono presenti. Un esempio per tutti: i contratti che formalizzano meno giornate o ore lavorative rispetto a quelle che effettivamente si effettuano nella realtà. Non bisogna scordare poi la questione degli alloggi: possono crearsi spesso vere e proprie tendopoli o alloggi comunali o messi a disposizione dall’imprenditore, con i costi sottratti al già basso salario. Non bisogna poi dimenticare le categorie più ‘deboli’: donne e stranieri. La donna – come già spesso accade anche nelle professioni vere e proprie – ha salari minori rispetto agli uomini, senza scordare i ricatti a natura sessuale. I braccianti stranieri, poi, sono in condizione più fragile rispetto a quelli italiani. Uno dei problemi riguarda il permesso di soggiorno, rilasciato a determinate condizioni. Per finire, una questione che riguarda tutti è il rispetto dei diritti. Rispetto che ci deve essere a prescindere del lavoro e delle modalità di assunzione. Vale la pena ricordarsi di questi aspetti, quando al supermercato siamo tentati dal comprare ortaggi a prezzi stracciati. Ne parliamo con Leonardo Palmisano, scrittore e presidente della Coop Radici Future Produzioni.

Intervista


Qual è il peso della criminalità organizzata nel fenomeno del caporalato?

In questo momento il caporalato, da fatto ancillare rispetto ad altri fatti di mafia, sta diventando un elemento di cerniera tra mafie straniere e mafie italiane. La cosa si spiega grazie a due fenomeni. Primo: globalizzazione dei flussi migratori. Secondo: forte radicamento criminale e mafioso italiano in agricoltura dalla crisi a oggi.

In cosa le leggi potrebbero migliorare per impedire i ricatti ai braccianti?

Non le leggi, ma chi deve farle attuare. La politica è lontana dai campi perché è lontana dai deboli. Ci vorrà tempo per cambiare le cose. Dobbiamo pretendere più ispettori del lavoro, per esempio.

In che direzione bisogna guardare per impedire questo meccanismo, che oggi vede spesso anche la costituzione di vere e proprie agenzie di caporalato?

Le agenzie sono spesso messe su dalle mafie - che vi riciclano denaro - e dai caporali. Io sono per il collocamento pubblico, quindi penso che si debba rimettere al centro dell'attività la costruzione di un sistema di reclutamento gestito dallo Stato.

Quanto guadagna in media un caporale?

Tanto. Una squadra di 50 braccianti frutta circa 250 euro al giorno soltanto per il trasporto. Uno sproposito rispetto al misero salario di un bracciante.

Perché i braccianti possono diventare da vittime a caporali e a loro volta dipendere da altri caporali?

Perché i padroni, le imprese, non danno più lavoro fuori del sistema del caporalato e delle agenzie. Sistemi oscuri, grigi, dove la violazione dei contratti è la norma.

Quali sono le differenze tra Nord e Sud?

Al Nord il fenomeno è più oscuro perché si tende a nascondere meglio fenomeni di natura mafiosa; ma le ultime inchieste rivelano l'esistenza di organizzazioni criminali di caporali molto ben distribuite in quei territori.

Cosa ne pensa in merito agli alloggi?

Sugli alloggi penso che se non cominciamo ad accogliere i lavoratori dentro i comuni, non si va lontano. Le casette, tipo quelle della regione Puglia, sono il fallimento dell'inclusione perché non ci sono gli italiani.

Come possono le donne far valere i loro diritti?

Come fanno gli uomini, presso i sindacati. Non c'è un'alternativa, perché non c'è un femminismo in movimento tra le braccianti.

In generale, qual è il cambiamento che dobbiamo fare?

Il passaggio dalla rendita al reddito, attraverso la distribuzione della ricchezza e il rispetto dei diritti di tutte e di tutti.


Sara Riboldi intervista Leonardo Palmisano

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